lunedì 12 gennaio 2009

Arkeon, Allarme Scientology e il mondo anticult (4)

Pos originario: su Firs"
http://groups.google.it/group/free.it.religioni.scientology/browse_thread/thread/7f17d10cf4c3a52a/eccdfb10a5274158?hl=it&


Mi aspettavo che post come il mio ultimo o quelli di Pietro potessero apparire “fuori contesto”. Personalmente, tuttavia, ritengo che quanto sto cercando di sollevare sia molto meno astratto di quanto appaia ad alcuni. Per cui mi prenderò la libertà di insistere, cercando di essere più chiaro e meno “metaforico” se ci riesco.

Martini ha aperto questo thread per parlare delle ragioni della chiusura di AS.
Specificando che non hanno a che vedere con Scientology.
Che non hanno a che vedere con Gardini, Psiche, Sotgia, o altri
Chiarendo che il problema ha a che vedere con il mondo antisette italiano.

La soluzione a questo problema proposta da Articolo 21, in estrema sintesi, è:
"c'è solo da buttare fuori dal movimento anti-sette le persone poco serie - sulla base non di regole strane, ma di quelle della società civile -, iniziare ad accettare che salvo alcuni casi estremi e alcuni casi complessi (Scientology) questa emergenza sette non c'è. E poi rimboccarsi le maniche, studiare, e discutere. Ma finché la FECRIS non batte ciglio davanti a certi comportamenti - da espulsione immediata- finché certi comportamenti non sono
sanzionati, finché non si prendono alcune posizioni minime e conformi al mondo civile, è aria fritta"
.

In linea di principio sono d’accordo. E’ la soluzione istituzionale, quella dell’etica pubblica, della responsabilità. Ricordo che fu Pietro per primo a scrivere alla Fecris tentando questa via e chiedendo una sorta di arbitrato.
Purtroppo questa sì, allo stato dell’arte, mi sembra una soluzione piuttosto “metaforica”. Chi butta fuori chi? Il movimento antisette si è già espresso a maggioranza attraverso lo strumento del silenzio pubblico, isolando la DiMarzio e Martini fino a favorirne l’auto-allontanamento. Questo peraltro non è affatto un risultato imprevisto: già la famosa lettera di dimissioni inviata a suo tempo da Amitrani al GRIS (riportata da Martinez) indicava come le modalità di gestione interna adottate allora in quell’associazione avrebbero portato nel tempo ad un progressivo allontanamento delle figure più libere e valide, come in effetti è stato, segnando un modello poi ripetuto nello stesso Cesap, come già ricordato da Bono. Non stiamo quindi assistendo ad altro che al fruttificare di un seme posto anni fa, che cresce in un humus ben preciso e con una “scuola” ben precisa.

Ecco perché il mio interesse è nell'affiancare a questa via istituzionale un’altra via, che io chiamo individuale e che è l’oggetto di quanto sto provando a scrivere in questo NG.

Quando Ribelle mi chiede:"Davvero non vedi quanto cozzano le visioni personali di queste persone? Davvero non ti rendi conto di quanta influenza hanno le personali motivazioni esistenziali? E secondo te il casino su questo NG da COSA è saltato fuori?" rispondo che è proprio perché lo vedo e lo capisco che scrivo ciò che scrivo.
Com’è possibile che motivazioni e visioni personali blocchino UN INTERO AMBIENTE, incapace di darsi un’azione collettiva per riunire le forze e una rappresentanza collettiva non autoconflittuale? Com’è possibile che situazioni personali non trovino alcun argine collettivo, che non ci si sappia dare una soluzione istituzionale simile a quella di tanti altri (ordine, titoli, associazioni, etc..)? Davvero si crede che il problema sia la Tinelli e che basti “sbatterla fuori” per risolvere? E allora perché non avviene e invece ne nasce una lotta tra antisette dove “volano gli stracci”?
Secondo il mio modesto parere, il limite è in un approccio e una mentalità molto radicati in questo mondo, che – a dispetto del razionalismo spesso invocato - impedisce il dialogo e il cambiamento. E che consiste nel mettere sempre in discussione l’altro e mai se stesso. E’ il punto che tocca Ribelle60 quando dice che “lavare i panni sporchi insieme è praticamente impossibile. Questo richiede una disponibilità quasi totale a mettersi in discussione”.

Il racconto della DiMarzio è molto chiaro su come lei provò a porre delle domande all’interno del GRIS per comprendere e confrontarsi su cose che non condivideva, senza poi averne risposte. L’esperienza di Martini sembra molto simile. Il Cesap è ai ferri corti con l’Asaap e con il Cesap Friuli. La stessa Odivelli nei sui interventi commenti riportati sul blog della DiMarzio, pur mostrando una grande generosità nell’esporsi chiaramente e nel rompere un gelido muro di silenzio (cosa per la quale la stimo molto), mostra a mio modo di vedere un grande imbarazzo nel tenere il punto, rifugiandosi in risposte di metodo per non entrare nel merito.
La sensazione è che in questo mondo, come diceva bene Articolo21, si vive col terrore di essere “scavalcati a sinistra”. Il rischio di apparire un “settarolo” in un mondo di tanti ex “settaroli” è così alto che diventa pericolosissimo mostrare dubbi, quasi impossibile cambiare idea e dialogare con chi è generalmente considerato il nemico. Chi lo fa viene ripagato con l’isolamento e l’accusa di apostatsia.
E’ un mondo chiuso.

La Di Marzio ha pagato con l’isolamento l’aver posto dei dubbi, l’essersi mostrata possibilista in alcuni casi e come tale debole verso il male da abbattere. Ma credo che attraverso quell’isolamento abbia scoperto una via da uscita da quel mondo chiuso, si sia liberata di tanti pesi morti e abbia cominciato a lavorare ad un altro livello, con un altro spessore e anche con altre responsabilità. Quando parli con persone ad alto livello non puoi portare i fax della Digos, gli articoli di giornale o le trasmissioni tv scandalistiche, ma devi portare studio, approfondimento, risultati tangibili, validati da una comunità scientifica.

Personalmente, da quel che leggo (e mi perdoni se la tiro in ballo facendone una esegesi del pensiero non richiesta né autorizzata né probabilmente gradita), credo che Martini stia “dialogando” con questo silenzio, col costo e il dolore di lasciare quello che è stato il suo mondo per tanti anni e che oggi scopre averle chiesto tutto senza darle nulla, addirittura “tradendone lo spirito”, e stia cercando di capire se aldilà c’è altro, se fuori dal mondo chiuso c’è vita, se Introvigne è davvero il diavolo e (se anche fosse) se a volte non sia meglio parlare col diavolo e magari crescere sfidandolo piuttosto che rimanere piccoli ignorandolo e dialogando con la “perpetua”. E credo che non sia la sola a chiederselo.

E’ chiaro che affrontare queste domande vuol dire rivedere tutta la strada che ho fatto, riscoprendo errori commessi, aiuti maldati, pregiudizi gratuiti e proiezioni irrisolte, quello che Martini stessa ha chiamato “girare i cannoni i di 180 gradi senza aver smesso di sparare le stesse munizioni”.

Credo che i tasselli della DiMarzio, che certo non vogliono essere un contributo scientifico, siano invece un aiuto prezioso per chi – come forse Martini – si sta trovando a esplorare quel vuoto. Prezioso perché non spiega il giusto o lo sbagliato degli altri, ma espone le domande e le risposte che lei ha dovuto e saputo trovare per sé, rendendo accessibile a chi la cerchi una strada possibile e facendo sentire chi ha deciso di “diventare adulto” meno solo in questo passaggio. In Arkeon lo chiamavamo “mostrare la strada percorrendola”.

Io non credo che, con alcune eccezioni, le tante parti in causa in questa querelle siano in mala fede e da sbattere fuori da qualcosa. Credo che ci sia un livello molto alto di arroccamento su se stessi, di paura di cambiare, e un senso molto forte di isolamento ed abbandono che viene dall’ambiente per coloro che mostrano di cambiare. Come mostra, mi sia permesso, il diffuso fraintendimento della propria decisione che Martini ha lamentato da parte di questo forum che pure la conosce la ospita e la rispetta da anni.

Allora, per non essere metaforico: sto scrivendo a chi nel mondo antisette sente la carica distruttiva e autodistruttiva che tale mondo sta coltivando e gli equilibrismi vuoti che custodisce; che sente che forse non è per questo che ha lavorato e rischiato; li sto invitando a un atto di coraggio, a fare un passo avanti nel condividere il proprio dubbio, il proprio cambiamento, come ha fatto la DiMarzio, rischiando l’ostracismo; a provare a dialogare con i propri pari che abbiano una ricerca “integra”, anche se diversa e magari contrastante. Non in nome di Arkéon o di alcun altro gruppo, ma della propria scelta personale; a mettersi insieme; a creare la propria Fecris se quella attuale non ha la schiena dritta per assumersi il duro compito di curare se stessa; a non perdere tempo a sbattere fuori qualcuno, ma a prendere la propria strada facendo un lavoro pulito con chi lo vuol fare, lasciando le beghe di potere e visibilità a chi non ha di meglio.
Le persone e le istituzioni valuteranno da sole dov’è la qualità.

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