venerdì 2 maggio 2008

Cos'era Arkéon

Post originario: su "Firs"
http://groups.google.it/group/free.it.religioni.scientology/browse_frm/thread/ec82bbbde551871c/c962ece009f70900#c962ece009f70900
Provo a rispondere ad Alessia e ad integrare alcuni punti. Chiedo scusa se non sarò breve.

"Questa tua frase mi è molto piaciuta. Se non altro indica una metariflessione. Credo che questo sentire che tu hai così bene espresso sia il punto in cui molti scientologist si fermano”.
Personalmente non credo c’entri la metariflessione, né che gli scientologist – che non conosco - si fermino ad un certo punto. Più semplicemente credo che ciascuno nella propria vita scelga quello che vuole vedere e quello che non vuole vedere. Credo che la percentuale di ciò che non si vuole vedere sia molto alta per tutti, in tutte le categorie. E credo che tanti percorsi o teorie, così come tante esperienze ricche della vita dal lavoro alla famiglia alla parrocchia, vengano usate più o meno consapevolmente dalle persone non per “vedere di più” ma consolidare quello che già si vedeva, per preservare la propria idea di sé o meglio il proprio equilibrio più o meno precario.
Credo anche che ciascuno sia responsabile delle scelte che fa e le faccia per dei motivi importanti – anche quando sbagliati - che magari nel tempo cambiano. E’ chiaro che chi si prende la responsabilità di accompagnare la ricerca di qualcuno ha anche lui la sua responsabilità, che non può scaricare, ed è altrettanto chiaro che dove ci sono l’inganno e la frode vanno puniti. Ma se non si accetta il presupposto che le persone “scelgono ciò che cercano”, non si capisce da dove nascono le sette: ci si limita a dividere in buono e cattivo e a mettere tutto ciò che non conosciamo non capiamo o non condividiamo sotto il nome setta, lasciando davvero sole le persone che ci cascano dentro.

E’ evidente che accettare questo presupposto ha un costo: accettare che gli altri, magari persone molto vicine e care a noi, possano scegliere strade per noi assurde, senza pretendere di correggerle come con un incapace di intendere e volere; riconoscere che nella mia vita posso aver scelto strade che oggi rifiuto, ma che un tempo rispondevano alle mie esigenze, senza scaricarne la responsabilità su terzi che mi avrebbero manipolato. Altrimenti come prima avevo bisogno di credere che il guru fosse dio, dopo avrò bisogno di credere che mi abbia manipolato; come prima era contro di me chi criticava il guru, oggi sarà contro di me chi non lo critica; come prima rompevo l’anima alle persone perché si facessero un seminario, dopo gliela romperò perché non lo facciano.

"perchè la madre avrebbe una modalità "perversa", e il padre "piccola"? E non viceversa? Qualche attinenza con il seno buono e il seno cattivo teorizzato dalla Klein, o il complesso di edipo teorizzato da Freud ed altri?"
Per come l’ho inteso io, una madre perversa nutre per possedere, un padre piccolo fugge dalla propria responsabilità per mantenersi figlio. Se la domanda è perché gli aggettivi abbiano una diversa “carica morale” sinceramente non lo so…posso immaginare un po’ di proiezioni da parte del maestro uomo che ha coniato questi termini…o posso rispondere che la madre sia perversa non moralmente ma perchè stravolge/perverte la naturale funzione della maternità, mentre il padre sia piccolo perché si riduce appunto in una condizione di figlio (e piccolo sta anche per meschino)…Personalmente però non mi appassiono a queste “dispute intellettuali”, perché si finisce per parlare di ciò che non si conosce, col risultato di solito di sostituire alle proiezioni altrui quelle mie. Quanto alla Klein o Freud, non sono uno psicologo e non ne conosco il pensiero, quindi non saprei proprio che dire.
Quello che voglio dire è invece una cosa che credo più utile al dibattito in corso. E cioè che il lavoro di Arkéon non sottende una teoria della psiche o dell’uomo, come invece suggeriscono Carlo e Tiresia, bensì nasce da un’esperienza condivisa. Nei cerchi le persone condividono le proprie storie e succede che l’esperienza raccontata da qualcuno apre una sequenza di “anch’io, anche a me”: si svela una modalità ricorrente, che posso considerare solo un fatto casuale/ individuale o cui posso attribuire un senso, funzionale/collettivo, nel senso che regola e indirizza la vita di alcune persone tanto più in quanto non riconosciuta. Detto altrimenti, Arkéon non ha una teoria sull’uomo ma una visione sull’uomo: per chi ama parlare di discipline, non è psicologia ma antropologia.
La differenza tra avere una teoria dell’uomo e avere una “visione sull’uomo” è profonda: la prima è un’idea cristallizzata come quella descritta (male) da Tiresia, la seconda è un’esperienza che cambia e come tale non è totalizzante né definitiva. In questo senso se il lavoro è partito da madre perversa e padre saggio invece che dal contrario è perché le prime cose che anni fa molte persone hanno condiviso nei cerchi erano il dolore della relazione con la madre (spesso erano le stesse madri a dirlo rispetto ai propri figli) e la rabbia nel vedere padri di valore totalmente cancellati in famiglia: cose purtroppo tanto ricorrenti da apparire banali. Ed è stato un dono, cui ho assistito personalmente, vedere ad un certo punto le stesse persone condividere di aver toccato con mano l’altra metà della medaglia, lo spessore delle madri criticate e l’inconsistenza di padri saggi a parole ma vacui nei fatti.
E’ esperienza comune di chi vuole vedere più in profondità in se stesso dover iniziare dall’ombra che si è sempre rimossa e solo dopo, da questo piano di verità, confronta con la propria bellezza. E dire “bella scoperta, c’è sempre stato” non significa nulla: dire ti amo non negando le ferite ma riconoscendole è ben diverso. E’ ciò che la chiesa chiama “carità”.
La riflessione su queste cose può essere interessante o banale, ma se fosse stato tutto lì credo che nessuno di noi sarebbe andato ad Arkéon: sapere perché ho paura delle capriole, non vuol dire riuscire a farle. Ciò che io come altri cercavamo era l’esperienza. Ad un livello CHE POSSO SCEGLIERE. Molti hanno lavorato per anni semplicemente guardando padri parlare coi figli o mariti con le mogli, toccandone dentro di sè tutto il desiderio, la nostalgia e il valore. Altri hanno scelto in prima persona quest’incontro con l’altro e con se stessi. Sono pronto a fare una scommessa: chiedete ai frequentanti di Arkéon di descrivervi “il lavoro” e cosa è più importante…vi diranno il cerchio, le persone, le condivisioni…non Vito, le “teorie”, gli esercizi.

"Arkeon lavora sull'uomo certo, ma credo che lavori soprattutto sulla psiche (spirito, anima o chiamala come vuoi) dell'uomo per apportare quei cambiamenti di atteggiamento verso la vita di cui anche tu parli. Il dialogo di cui parli mi sembra soprattutto un dialogo interiore sul tuo aspetto affettivo ed emotivo".
Premesso che vedo una grande differenza tra psiche e anima, e che Arkéon lavora con l’anima e con la carne, contesto che Arkéon voglia “apportare cambiamenti”. Il dialogo interiore è una domanda a cui nessuno dall’esterno dà una risposta…né forse può darla dall’interno. Nessuno nei seminari mi è mai venuto a dire cosa sia ridicolo credere o fare, anzi: come ho già detto tutto nasce da una libera condivisione di qualcuno, che dice ciò che a molti apparirebbe folle o disdicevole e di lì comincia a dipanare la propria vita per trovarne il senso. In tutto questo c’è un grande rispetto per l’uomo in quanto tale e nella capacità di dare senso anche alle esperienze più insensate come via alla verità e alla vita. La Bibbia dice “creato ad immagine e somiglianza di dio”, parla di “redenzione”.

"Da quanto leggo, le critiche contro il metodo Arkéon non sono scoppiate nel 2006, ma molto prima. E' stato fatto qualcosa? Sono state prese sul serio, quelle critiche? Vi sono state esplicitate in modo serio e biettivo? C'è stato dialogo aperto? Si è cercato di capire da che cosa scaturivano?"
Posso parlare per la mia limitata esperienza come maestro, dal 2005 in poi. Che io sappia in questi anni le accuse sono arrivate a partire dal 2006 e direttamente sui siti e in TV, nei modi e nei toni che potete leggere e vedere: in effetti sono arrivate anche lettere anonime di minacce a maestri, allievi, organizzatori ed alberghi, firmate “comitato famiglie vittime di Arkéon” e regolarmente denunciatealle autorità. Non mi risulta che qualcuno abbia contattato Moccia o gli organi della vecchia associazione per segnalare problemi.
Quando anzi, a seguito delle segnalazioni sui siti e delle trasmissioni TV, si è cercato di raccogliere informazioni presso gli allievi dei maestri direttamente interessati – maestri per altro espulsi dall’associazione a seguito di queste verifiche perché non allineati al codice deontologico dei maestri - mi risulta sia stata trovata a lungo una strenua difesa degli stessi. Ma qui riporto cose che non so di persona, quindi valgono quello che valgono. Ciò che so invece, perché in tanti l’abbiamo visto, è che almeno dal 2005 è iniziato un lungo dibattito sulle modalità di lavoro, sulla opportunità di formazione tecnica e accreditamenti formali, sulle modalità organizzative. Lavoro che ha portato a interpellare per pareri diversi enti e organizzazioni competenti per averne una “valutazione” esterna: lavoro in parte svolto ma in parte interrotto dalla tempesta intervenuta, e quindi non pubblico.

"Non voglio essere polemica, ma non ti sembra che questo tipo di lavoro, affidato a persone non formate e inesperte … possa alla fine fare danni su chi ha problemi un po' più seri?...Mi chiedo: voi maestri questo problema ve lo siete mai posto?"
Personalmente non avendo ruoli di rilievo nell’associazione né esperienza, ho posto questa domanda a me stesso: e la risposta è stata che io non mi sentivo pronto per tenere seminari. Non per mancanza di titoli (che non ho) ma di “libertà”: la mia paura di fare le capriole, per restare in metafora, non l’ho superata (ma questo non conta, anzi) ma non l’ho davvero neanche affrontata (e questo conta, eccome). Per quanto riguarda Arkéon, il fatto che Carlo dichiari di essere stato maestro per dieci anni perché “plagiato” (mi si passi il termine rozzo) dimostra che un problema nella selezione dei maestri c’è stato. Purtroppo, essendo lui uno psicoterapeuta, questo mostra anche che la specializzazione non avrebbe dato di per sé ulteriori garanzie. Questo, ci tengo a dirlo, non è né un attacco a Carlo, né una feroce ironia: è una triste constatazione dei fatti.

Tutto ciò aprirebbe un altro capitolo, lungo e complesso, che qui voglio solo accennare: siamo sicuri che l’anima dell’individuo sia monopolio degli psicanalisti? Senza paragoni e senza blasfemie: che gli avrebbero fatto oggi a Gesù Cristo, che si occupava da semplice falegname del vissuto delle persone e degli indemoniati (oggi li chiameremmo psicotici borderline) , che diceva cose inverosimili, che dichiarava legami non con la chiesa ma con dio stesso, che aveva proseliti che avevano lasciato tutto per seguirlo, etc etc… Alla prossima

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