martedì 24 giugno 2008

Arkeon e la voce della ferita

Post originario:
http://groups.google.it/group/parliamo-di-arkeon/browse_frm/thread/ab7b0b173cfa2dd1?hl=it#

On 21 Giu, 00:42, articolo21 wrote: " Lasciamo qui perdere Arkeon. Io credo che il DOVERE di un padre (ma anche di una madre) sia di ascoltare i propri figli. Non c'è partita, orto, playstation o altro che tenga. I padri (come le madri) devono essere strappati dalla loro tranquillità e dal loro equilibrio per ascoltare, consolare e aiutare a rimediare al dolore dei figli".

Caro articolo21, quando ho letto queste tue righe mi sono inchiodato. Mi sono sentito a disagio, se mi passi il termine. Ho provato a capire se ero d’accordo o se non lo ero, ma presto ho compreso che per me non era quello il punto. Il punto era altro.
All’atto di scegliere la mia strada nella vita, ho cominciato a definire cosa volevo e cosa no, guardando a quelli che ritenevo errori altrui per non ripeterli. In quel tempo (molto prossimo, a dire il vero) avrei concordato con te: ci sono doveri scomodi, di cui ci si deve assumere la responsabilità.
Oggi non è cambiata la risposta, ma la domanda.
Non “qual è il dovere delle persone?” ma “qual’è la mia scelta?”

Se come figlio posso ascoltare la mia ferita per tutte le volte in cui mio padre non ha voluto o saputo vedere, come uomo posso provare a comprendere i motivi delle scelte mio padre, le sue paure e le difficoltà, che domani potrebbero essere le mie come padre. Se dentro di me posso scegliere e riconoscere come MIO dovere quello di ascoltare i figli, nella relazione con l’altro posso SCEGLIERE il dialogo e l’ascolto (è chiaro che se non c’è altrettanto dall’altra parte, anzi c’è slealtà e manipolazione, tra di noi dovrò porre dei limiti o trarre delle conseguenze....ma questo ascolto lo potrò coltivare dentro di me).
Per essere più chiaro, in quel DOVERE che hai scritto a caratteri cubitali ho risentito la rabbia con cui misi di fronte a mio padre le sue indaguatezze (quelle che io giudico tali)..e ho provato il dolore di vederla come un piccolo muro che si alza e che si sostituisce ai vecchi muri...l'incapacità di comprendere il mio dolore e la necessità di sgravarmene trasfromandolo nel suo. Mentre la MIA SCELTA mi porta anche ad adempiere un MIO DOVERE, la disamina dei DOVERI ALTRUI non fa che rimproverare le scelte altrui…e io, oltre a non poter giudicare le scelte altrui, soprattutto non posso cambiarle.

Mi interrogo spesso su come sia stato possibile che una marea di questo tipo montasse contro Arkéon. Non tanto per le accuse di poche persone che verranno vagliate in tribunale, quanto per l'assenza di tante persone che si sono dileguate nel silenzio e nel dubbio. E credo che quanto sto dicendo ne abbia avuto una certa parte.
Ho sentito per un certo tempo nei seminari quest’aria di “giusto e sbagliato”. E’ una cosa che porta rapidamente al concetto di “male minore” o di “male necessario”. Questo ha generato il senso di giudizio o di distanza che alcuni hanno condiviso. I figli che andavano a casa a fare la ramanzina ai genitori. Come io ho fatto, tanto per capirci. Sinceramente non ritrovo questo nelle parole di Vito: ricordo anzi lucidamente quanto spesso parlava del “padre” o della “madre” come figure archetipiche, che trovano espressione in ciascuno di noi ma che non sono il padre e la madre reali. Del comprendere le dinamiche per superarle, non per rinfacciarle. Ma Persino Gesù (mi si passi il paragone) parlava di regno celeste e tutti capivano il regno terreno.

Ora che da due anni vedo i frutti del “dialogo secondo winnicott” sviluppato dalla Tinelli, ancor più mi convinco di come il disagio nel lavorare su se stessi porti alla crudeltà verso gli altri, perché siano loro a cambiare.

In fondo, se ci penso bene, anche qui abbiamo scoperto l’acqua calda: il perdono cristiano cos’altro è, se non questo? Comprendere la relazione tra la mia ferita e la tua ferita, non dimenticando ma lasciando a dio il giudizio, perché io ha la trave nel mio occhio di cui occuparmi.

p.s. sono certo che quanto detto riflette più l’ombra dei miei comportamenti che il tuo pensiero. Perdonami se ti ho usato come strumento transazionale. Grazie

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