mercoledì 1 luglio 2009

Arkeon e il giornalismo famelico (2)

Vorrei prendere spunto da un nuovo articolo di stampa per una riflessione un pochino più ampia.

Già nel mio ultimo post richiamavo due articoli pubblicati recentemente da
Nasso su Cronoaca Qui e da Nardecchia sull’Espresso, relativi alla notizia della richiesta di rinvio a giudizio di un maestro milanese di Arkeon, A.M., per l’accusa di violenza sessuale. Accusa che ha dato luogo allo stralcio della posizione di A.M. dal procedimento in corso rispetto agli altri 11 indagati di Arkeon cui un simile addebito non è rivolto.

Ci si poteva aspettare che questa notizia aiutasse almeno a chiarire un fatto: che il reato di violenza sessuale riguardava solo questa persona e non – come si è voluto far credere – tutti gli indagati o addirittura il metodo in quanto tale. Invece è stato da subito chiaro che ciò sarebbe stato utilizzato non per chiarire ma per gettare altra confusione, per dare a intendere quello che non è, per fare ulteriormente del male a perfetti innocenti.

Puntuale è arrivato l’ennesimo articolo “dalla schiena dritta” pubblicato l’altroieri - 29 giugno 2009 –sulla Gazzetta del Mezzogiorno e qui di seguito riportato.

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L'INCHIESTA “ARKEON”
Violenza sessuale indagato barese «maestro» della setta
Uno dei maestri della presunta «psico-setta» fondata a Bari e che utilizza la cosiddetta fIlosofia «Arkeon», è accusato di aver abusato sessualmente di due allieve.
Antonio M., 67anni. è stato iscritto nel registro degli indagati dalla procura di Milano che si è avvalsa della maxi inchiesta della Procura di Bari. Lo scorso gennaio il pm barese Francesco Bretone ha richiesto il rinvio a giudizio per 11 indagati, compreso Antonio M.

DALLA PROCURA DI MILANO INDAGATO IL BARESE ANTONIO MORELLO. A CAPO DELLA CONGREGA CI SAREBBE VITO MOCCIA, DI NOICATTARO
Setta Arkeon, il gran maestro sotto inchiesta per violenza sessuale

E lo chiamavano «gran maestro». È accusato di aver abusato sessualmente di due sue allieve uno dei «guaritori» e maestri spirituali della presunta psico-setta, che alcuni definiscono come un gruppo di sostegno psicologico noto come «Arkeon» dal nome del metodo di analisi e introspezione ideato dal suo fondatore Vito Carlo Moccia, 58anni di Noicattaro, già sotto inchiesta.
Antonio Morello, 68anni, barese trapiantato a Milano, è stato iscritto nel registro degli indagati della Procura di Milano che ipotizza a suo carico il reato di violenza sessuale. La posizione dell'uomo è stata stralciata dall'inchiesta più ampia della Procura di Bari.

Lo scorso gennaio il pubblico ministero Francesco Bretone, titolare della indagine, ha chiesto il rinvio a giudizio per undici promotori del «metodo Arkeon». Dalle indagini preliminari - secondo gli investigatori – sarebbe emerso il profilo di una sorta di «psico-setta»che, utilizzando tecniche vagamente ispirate alla filosofia orientali del Reiki, in dieci anni sarebbe riuscita a mettere insieme 10 mila adepti in tutta Italia e a truffare molte persone, obbligandole a partecipare a costosi seminari per guarire da tumori, aids o infertilità, oppure da problemi spirituali.
I reati contestati: associazione per delinquere, truffa, esercizio abusivo della professione medica, violenza privata, maltrattamenti di minori e incapacità procurata da violenza. Secondo l'accusa, a capo della presunta «psico-setta» come abbiamo già detto, ci sarebbe stato Vito Carlo Moccia che affermava di essere psicologo ma non ne aveva i titoli. I fatti coprono un arco temporale di quasi dieci anni, compreso tra il 1999 e il 2008.
Gli elementi raccolti dagli investigatori della Digos di Bari, guidati dati da Stanislao Schimera, hanno consentito di individuare delle responsabilità anche a carico di Morello nei cui confronti il pm milanese Giovanni Polizzi vaglierà le ipotesi di violenza sessuale per due episodi che si sarebbero verificati con le stesse modalità a casa dell'indagato tra il 1999 e il 2002.
Stando alla ricostruzione dell'accusa, l'uomo condizionando psicologicamente le sue vittime con la falsa autorità derivante dalla qualifica di «maestro» all'interno della setta, le avrebbe convinte di essere state da bambine vittime di pedofilia e che per superare il trauma dovevano sottoporsi a una terapia particolare. Quindi, con l'aggravante di aver abusato della loro condizione di inferiorità fisica, le avrebbe costrette a subire atti sessuali. In un'altra occasione, si leggeva nella richiesta di custodia cautelare avanzata a suo tempo a Bari, l'uomo si sarebbe reso responsabile anche di un «abuso di gruppo».
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Il dato più evidente è che il nostro nuovo autore si esprime in un grande esercizio di modestia e umiltà professionale, mostrando di ripetere il verbo già ricevuto da chi è venuto prima di lui (Nasso e Nardecchia appunto). I quali, va da sé, non sono che il penultimo anello di una catena di ripetizione "ovina" che prosegue ininterrotta dal 2007 secondo una tradizione di fedeltà orale e scritta che nemmeno il popolo di Israele.

Così se l’articolista della Gazzetta recita:
“A Milano il collega Giovanni Polizzi invece vaglierà le ipotesi di violenza sessuale contestate ad Antonio Morello, classe 1942. Due episodi che si sarebbero verificati con le stesse modalità a casa dell'indagato tra il 1999 e il 2002.”,
il collega Nasso di Cronaca Qui recitava:
“Giovanni Polizzi vaglierà le ipotesi di violenza sessuale per due episodi che si sarebbero verificati con le stesse modalità a casa dell'indagato tra il 1999 e il 2002”.

E di nuovo, mentre il primo dice:
“Condizionando psicologicamente le sue vittime con la falsa autorità derivante dalla qualifica di “maestro” all'interno della setta, le avrebbe convinte di essere state da bambine vittime di pedofilia e che per superare il trauma dovevano sottoporsi a una terapia particolare. Quindi, con l'aggravante di aver abusato della loro condizione di inferiorità fisica, le avrebbe costrette a subire atti sessuali. In un'altra occasione, si leggeva nella richiesta di custodia cautelare avanzata a suo tempo a Bari, l'uomo si sarebbe reso responsabile anche di uno stupro di gruppo.”
il secondo diceva :
“Stando alla ricostruzione dell'accusa, l'uomo condizionando psicologicamente le sue vittime con la falsa autorità derivante dalla qualifica di «maestro» all'interno della setta, le avrebbe convinte di essere state da bambine vittime di pedofilia e che per superare il trauma dovevano sottoporsi a una terapia particolare. Quindi, con l'aggravante di aver abusato della loro condizione di inferiorità fisica, le avrebbe costrette a subire atti sessuali. In un'altra occasione, si leggeva nella richiesta di custodia cautelare avanzata a suo tempo a Bari, l'uomo si sarebbe reso responsabile anche di un «abuso di gruppo».

E ancora se il primo dice:
“una sorta di «psico-setta»che, utilizzando tecniche vagamente ispirate alla filosofia orientali del Reiki, in dieci anni sarebbe riuscita a mettere insieme 10 mila adepti in tutta Italia e a truffare molte persone, obbligandole a partecipare a costosi seminari per guarire da tumori, aids o infertilità, oppure da problemi spirituali"
il buon Nardecchia sull’Espresso diceva:
"Si tratta, secondo gli investigatori, di una sorta di psico-setta che, utilizzando tecniche vagamente ispirate alle filosofie orientali, in dieci anni sarebbe riuscita a raccogliere qualcosa come diecimila adepti in tutta Italia e a truffare molte persone, obbligandole a partecipare a costosi seminari dicendo loro che sarebbero guarite da malattie molto gravi oppure da asseriti problemi di natura spirituale"

Ciò detto, ciascuno ama aggiungere del suo all’infinita catena, in una sorta di telefono senza fili in cui le bestialità si moltiplicano e le imprecisioni trionfano. In questo caso ciò che trionfa non è la distorsione dei fatti, ma la confusione della loro attribuzione, in un articolo che sembra fatto per esporre il fondatore di Arkeon e accusarlo di reati che nemmeno il PM (bontà sua) gli attribuisce.
Che dire, infatti, di un articolo che nel titolo dice di voler parlare dell’accusa di "violenza sessuale a carico del barese «maestro» della setta" mentre in effetti per circa metà dell’articolo parla del fondatore di Arkeon, che di tali crimini non è accusato? Un banale conto dimostra che a fronte di 5 citazioni del nome dell’accusato e di circa 277 parole a lui dedicate, il nome del fondatore di Moccia viene citato 3 volte, di cui una addirittura nel titolo interno e riportandone nel titolo la residenza, e dedicandogli 220 parole. L’effetto è che nell’articolo sulla violenza sessuale commessa da un maestro barese si parla del fondatore di Arkeon, che pure è barese ma non ha commesso tale crimine. Ognuno valuti a quale dote o motivazione dell’articolista attribuire questo esito.

C’è poi il classico sciocchezzario di questi articoli. Dal titolo del trafiletto di apertura, che mette tra virgolette non il termine setta (che esprime una valutazione della Tinelli, che peraltro lei stessa nega di aver espresso…se non che è registrata in TV) bensì il termine maestro, che può essere discutibile quanto pare ma era il nome con cui erano ufficialmente indicati gli insegnanti di Arekon.
Sempre nel trafiletto di apertura si parla di “maxi inchiesta della Procura di Bari”, con una sproporzione evidente quanto infantile (le maxi inchieste sono quelle sulla mafia, per capirci o sui traffici di droga internazionali).
Segue il sottotitolo dell’articolo interno che parla di “Gran maestro” accusato di violenza sessuale e la frase “E lo chiamavano «gran maestro»”…ma lo chiamava “gran maestro” chi?? ma questi sono viaggi mentali del giornalista o di chi gli ha raccontato delle pietose balle.

Purtroppo nulla di nuovo sul fronte occidentale. Se non due conferme: l’obiettivo non è sanzionare un reato ma distruggere un movimento (Arkeon) e una persona (il suo fondatore); e nessuno è interessato a conoscere la verità né è disposto a un confronto pubblico.

Lo dimostra il fatto che si continuano a pubblicare articoli sulla "setta del sesso", nonostante sia ormai chiaro che dei reati di violenza è accusato A.M. e nessun altro maestro di Arkeon: del resto la stessa testimone pescarese, onnipresente su giornali e TV, pur avendo conosciuto di persona solo quel maestro continua a parlare di Arkeon e dei suoi maestri, neanche li conoscesse.

Lo dimostra il fatto che – come recentemente scritto sul sito del
Caso Arkeon da due persone – alcuni indagati non hanno mai ricevuto una formale contestazione delle accuse loro mosse (manco nel “Processo” di Kafka) e la validissima d.ssa Tinelli e la sua squadra hanno ritenuto di segnalare alla Polizia dei casi sospetti senza nemmeno sprecarsi a fare una verifica preventiva dei fatti con i diretti interessati, verifica che avrebbe evitato di riferire delle emerite corbellerie coinvolgendo innocenti e facendo perdere tempo alla polizia.

Lo dimostra che in questi due anni gli articoli sono stati ripubblicati – come evidenziato prima - trattando sempre “gli informatori” come si fa con i francobolli (a ciascuno capire cosa intendo) e senza che mai nessuno di Arkeon, nemmeno le persone citate, venisse contattata per un parere o una smentita.

Lo dimostrerebbe da ultimo il fatto che - a quanto pare - alcuni dei testimoni “contro” abbiano richiesto al PM misure contro dei perfetti signori nessuno come me o Pietro Bono per far chiudere i nostri blog, nonostante le indagini siano chiuse, nonostante portiamo fonti e riferimenti dei fatti che citiamo e li distinguiamo dalle nostre opinioni (che sono libere, vivaddio) e nonostante il fatto che da tre anni essi parlano in tv, sui giornali e in rete, anche ad indagini in corso.

Il punto da chiarire è che qui – nelle intenzioni di costoro – sotto accusa non sono persone specifiche per fatti specifici, ma è un metodo in quanto tale e i suoi interpreti per le loro idee. Come conferma lo storico post della testimone pescarese sul sito del Cesap che nel
post “Re:Scoperta 'psico setta' a Bari, denunce e sequestro - 2007/10/17 05:01” affermava quanto segue:

“Era ora.Quanto tempo, quante lacrime, quanta pazienza.Quanto coraggio nello scegliere di non tacere come tutti gli altri.Quanta fatica nel contrastare gli attacchi di chi voleva solo intimidire gli onesti con denunce e citazioni.Quanta faticosa sopportazione per la spavalderia di quanti si sentivano intoccabili.Dove siete adesso maestri, insegnanti e fedelissimi organizzatori?Tremate perché i vostri nomi, orgogliosamente sbandierati nelle vostre lotte gerarchiche per guadagnare soldi e potere, ora li ha qualcuno che può decidere la vostra sorte?Cosa si prova ad immaginare di non poter più scegliere i propri compagni di vita? Per me l'ha deciso il "maestro", per voi potrebbe deciderlo il giudice. Magari vi state chiedendo che compagnia possa essere quella di tanti bei detenuti da illuminare... provate a parlare a loro di "processi" irrisolti con padre e madre.Provate a convincerli di poter comandare gli eventi a distanza, magari potrete far viaggiare le sigarette da cella a cella attraverso le sbarre.C'eravate tutti, non solo quei sei indagati.Facevate parte dell'associazione, no? A delinquere, a quanto pare.Voi che nascondevate le vostre nefandezze dietro la Verità, è dalla verità che sarete scoperti nel vostro fare altrettanto colpevole e complice.La vita è strana, presenta sempre il conto e ora tocca a voi.Io ho sentito tutti i sentimenti possibili, grazie a voi: sgomento, dolore, rabbia, impoenza, solitudine e sconforto mentre assistevate i due maestri che implacabili distruggevano la mia famiglia e provavano a distruggere, invano, anche me e il mio equilibrio, la mia forza, la mia dignità. Proverete paura e solitudine quando in questura voi, e non il vostro grande Vito, dovrete fornire generalità e tutto sarà messo a verbale. Lui non vi tirerà fuori dai guai: sentito cosa dice il suo avvocato? Siete voi che avete fatto i cattivi, lui non c'entra e si dissocia.Io spero che invece c'entri, in galera, insieme a quanti di voi l'hanno supportato e sostenuto in questi anni nel tentativo di emularlo. Siete in tanti lo sappiamo bene. Sono noti nomi e cognomi, date di nascita e indirizzi. Le Procure forse vi manderanno gli auguri di compleanno.Forse iniziare a collaborare renderà gli inquirenti più clementi.Forse i vostri processi non li avete ancora risolti, ma non era per questo che facevate i seminari?A questo punto credo che Arkeon non funzioni molto bene.”

Questa persona è collaboratrice del Cesap ed è la presidente del comitato famiglie vittime di arkeon.


2 commenti:

  1. La persona di Milano indagata per le presunte violenze non è nato a Bari, non è un barese e non c'entra nulla con Bari.
    Credo che il giornalista abbia fatto confusione sulla città natale in modo che dopo la lettura dell'articolo restasse nell'immaginario collettivo la connessione delle violenze sessuali con il fondatore di tale movimento e con il suo metodo.
    E' una modalità chiara di creare allarme sociale nel territorio e nel paese di residenza del fondatore di Arkeon!
    Lascio a voi immaginare ciò che si crea intorno alle persone indagate.

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  2. Ti ringrazio per la segnalazione.
    Anch'io avevo colto la voluta ambiguità del testo. Ma, non sapendo l'origine del maestro in questione, ho dato per scontato che ciò che era scritto fosse vero. Alla luce del fatto che non è così, il modo stesso in cui è stato scritto ("barese ma trapiantato a Milano") - che non può essere una svista - evidenzia la malafede.

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