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venerdì 20 marzo 2009

Arkeon e le mani di mio padre

Post originario: commento su "Sudorepioggia"
http://sudorepioggia.wordpress.com/2009/03/19/la-mia-festa-del-papa/#comments

Il ricordo più bello che ho della mia infanzia sono le mani di mio padre che mi “srotolava” per aria. Ancor oggi, lo ammetto, quando mi sento inadeguato, torno alla sensazione di quelle mani per ritrovare me stesso e la mia direzione.
Voglio aggiungere una cosa.Un tempo le tradizioni erano orali. Forse nostro compito, oltre che benedire i nostri figli con le mani, è custodire e tramandare per tutti questa nostra storia , che non è solo nostra.
Un abbraccio

giovedì 12 marzo 2009

Arkéon e la libertà di cercare se stessi

Post originale: commento sul Blog di Risè
http://claudiorise.blogsome.com/2009/03/10/sanremo-e-gli-ex-gay/#comments

Voglio ringraziare anch’io il dr. Risè per le osservazioni contenute nel suo ultimo post e per il suo commento sulla vicenda di Arkéon. A quest’ultimo riguardo posso fare mia ogni singola parola degli interventi di Fioridarancio, Sudorepioggia e Pietro Bono.
Ci tengo in particolare a ribadire un concetto, che credo rilevante in questo dibattito. La libertà dell’individuo, e la responsabilità che la rende sostenibile, erano non solo il fine ma anche il metodo del lavoro di Arkéon, per come l’ho conosciuto in anni di frequentazione. Libertà che ci ha fatto incontrare durante i seminari persone omosessuali ed eterosessuali, cattolici e buddisti, gente “ordinaria” e gente “strana”, senza che questo fosse di ostacolo a nessuno, facendone anzi per ciascuno l’occasione per esplorare la propria vita.
Come lei ben dice, l’omosessualità era un argomento presente nei seminari, come altri del resto, ma non ne era certamente il fulcro. Colpisce, in questo senso, l’ossessività a tratti narcisistica con cui ALCUNI rappresentanti del mondo omosessuale insistano a volersi vedere attaccati e discriminati anche da chi non parla di loro. E colpisce soprattutto come non si voglia cogliere che la tutela della libertà di uno è la difesa della libertà di tutti: la libertà di cercare e scoprire per le vie più diverse la propria identità, quale essa sia. E il diritto di vedere rispettato il proprio travaglio e il proprio dolore in questo percorso, che è seme di amore comunque.

Credo sia esperienza comune l’incomprensione e a volte addirittura l’ostilità che lo sviluppo dell’identità individuale incontra nel proprio ambiente di riferimento, che da tale cambiamento si sente messo in discussione, posto davanti allo specchio: sembra quasi che l’evoluzione dell’identità individuale sia percepita come una minaccia per l’identità collettiva. Questa esperienza, che gli omosessuali conoscono bene, è la stessa umanissima esperienza che può aver vissuto il protagonista della canzone di Povia, così come qualunque figlio che esce di casa.

Ma questa esperienza può non concludersi nell’incomprensione e nell’ostilità. Nei seminari, come nelle nostre vite personali, abbiamo visto spesso come questa uscita sia il preludio al “ritorno del figliol prodigo”. E abbiamo visto molti padri e molte madri, consapevoli di aver a propria volta percorso quel cammino in apparente distanza dai propri padri e dalle proprie madri, attendere con fede che la ricerca del figlio si compisse, per ritrovarlo “uomo”. E in questa attesa, riannodare i fili della propria storia con i propri genitori e fratelli, riguardarsi allo specchio e ritrovare in se stessi i figli, i genitori, i nonni, in una storia che ci travalica e da cui ci lasciamo attraversare per farcene portatori.
Arkéon sosteneva questo percorso individuale.

martedì 24 giugno 2008

Arkeon e la voce della ferita

Post originario:
http://groups.google.it/group/parliamo-di-arkeon/browse_frm/thread/ab7b0b173cfa2dd1?hl=it#

On 21 Giu, 00:42, articolo21 wrote: " Lasciamo qui perdere Arkeon. Io credo che il DOVERE di un padre (ma anche di una madre) sia di ascoltare i propri figli. Non c'è partita, orto, playstation o altro che tenga. I padri (come le madri) devono essere strappati dalla loro tranquillità e dal loro equilibrio per ascoltare, consolare e aiutare a rimediare al dolore dei figli".

Caro articolo21, quando ho letto queste tue righe mi sono inchiodato. Mi sono sentito a disagio, se mi passi il termine. Ho provato a capire se ero d’accordo o se non lo ero, ma presto ho compreso che per me non era quello il punto. Il punto era altro.
All’atto di scegliere la mia strada nella vita, ho cominciato a definire cosa volevo e cosa no, guardando a quelli che ritenevo errori altrui per non ripeterli. In quel tempo (molto prossimo, a dire il vero) avrei concordato con te: ci sono doveri scomodi, di cui ci si deve assumere la responsabilità.
Oggi non è cambiata la risposta, ma la domanda.
Non “qual è il dovere delle persone?” ma “qual’è la mia scelta?”

Se come figlio posso ascoltare la mia ferita per tutte le volte in cui mio padre non ha voluto o saputo vedere, come uomo posso provare a comprendere i motivi delle scelte mio padre, le sue paure e le difficoltà, che domani potrebbero essere le mie come padre. Se dentro di me posso scegliere e riconoscere come MIO dovere quello di ascoltare i figli, nella relazione con l’altro posso SCEGLIERE il dialogo e l’ascolto (è chiaro che se non c’è altrettanto dall’altra parte, anzi c’è slealtà e manipolazione, tra di noi dovrò porre dei limiti o trarre delle conseguenze....ma questo ascolto lo potrò coltivare dentro di me).
Per essere più chiaro, in quel DOVERE che hai scritto a caratteri cubitali ho risentito la rabbia con cui misi di fronte a mio padre le sue indaguatezze (quelle che io giudico tali)..e ho provato il dolore di vederla come un piccolo muro che si alza e che si sostituisce ai vecchi muri...l'incapacità di comprendere il mio dolore e la necessità di sgravarmene trasfromandolo nel suo. Mentre la MIA SCELTA mi porta anche ad adempiere un MIO DOVERE, la disamina dei DOVERI ALTRUI non fa che rimproverare le scelte altrui…e io, oltre a non poter giudicare le scelte altrui, soprattutto non posso cambiarle.

Mi interrogo spesso su come sia stato possibile che una marea di questo tipo montasse contro Arkéon. Non tanto per le accuse di poche persone che verranno vagliate in tribunale, quanto per l'assenza di tante persone che si sono dileguate nel silenzio e nel dubbio. E credo che quanto sto dicendo ne abbia avuto una certa parte.
Ho sentito per un certo tempo nei seminari quest’aria di “giusto e sbagliato”. E’ una cosa che porta rapidamente al concetto di “male minore” o di “male necessario”. Questo ha generato il senso di giudizio o di distanza che alcuni hanno condiviso. I figli che andavano a casa a fare la ramanzina ai genitori. Come io ho fatto, tanto per capirci. Sinceramente non ritrovo questo nelle parole di Vito: ricordo anzi lucidamente quanto spesso parlava del “padre” o della “madre” come figure archetipiche, che trovano espressione in ciascuno di noi ma che non sono il padre e la madre reali. Del comprendere le dinamiche per superarle, non per rinfacciarle. Ma Persino Gesù (mi si passi il paragone) parlava di regno celeste e tutti capivano il regno terreno.

Ora che da due anni vedo i frutti del “dialogo secondo winnicott” sviluppato dalla Tinelli, ancor più mi convinco di come il disagio nel lavorare su se stessi porti alla crudeltà verso gli altri, perché siano loro a cambiare.

In fondo, se ci penso bene, anche qui abbiamo scoperto l’acqua calda: il perdono cristiano cos’altro è, se non questo? Comprendere la relazione tra la mia ferita e la tua ferita, non dimenticando ma lasciando a dio il giudizio, perché io ha la trave nel mio occhio di cui occuparmi.

p.s. sono certo che quanto detto riflette più l’ombra dei miei comportamenti che il tuo pensiero. Perdonami se ti ho usato come strumento transazionale. Grazie

mercoledì 30 aprile 2008

La mia esperienza di Arkéon (2)

Post originario: su "Firs"
http://groups.google.it/group/free.it.religioni.scientology/browse_frm/thread/ec82bbbde551871c/c962ece009f70900#c962ece009f70900

Intervengo dopo un lungo silenzio, dovuto a mancanza di tempo, per condividere una mia personale esperienza, cui mi ha fatto pensare la frase di articolo21 “cercavo esperienze forti”.

All’età di circa 20 anni senza saperlo iniziai a cercare una relazione più profonda con la mia vita. Questa ricerca mi portò prima ad una conversione difficile dall’ateismo alla fede, quindi ad una esperienza di alcuni anni nella Gioventù Francescana, fino alle porte dell’Ordine Francescano Secolare. Fondai pure con alcuni amici ed un frate un’associazione che accoglieva bimbi abbandonati per i periodi delle feste, per dare loro un po’ di senso di festa nei giorni in cui tutti gli altri festeggiavano.
Arrivato a questo punto però mi accorsi che ciò che mi mancava non era la relazione col prossimo ma con me stesso. Sentivo di non conoscermi, di vivere come il re nudo che si crede vestito mentre tutti sanno che è nudo. Quando sentii parlare un mio amico di un seminario di Reiki che lui sconsigliava non ci pensai due volte e mi iscrissi e frequentai quasi tutti i week end per sei mesi: primo, secondo livello e intensivo d’un fiato. Trovai molte cose, oltre alle criticità su cui ero stato avvisato: trovai un contatto forte con la rabbia e la paura che mi portavo dentro, soprattutto con la rabbia che portavo verso la mia famiglia… quella famiglia che amavo, che tutti gli amici con famiglie scassate mi invidiavano, che era il mio modello. Ancora oggi ringrazio per questo quel maestro così incasinato.
Fatta la scoperta, però, cominciai a sentire che mancava un pezzo. Toccato il non detto, toccata la rabbia repressa verso la mia famiglia e in particolare verso mio padre, mi sembrava di perdere l’altra metà della verità: l’amore che c’era verso di loro…l’obiettivo non era passare dall’anestesia alla rabbia verso mio padre, ma riuscire a parlare con lui come non ero mai riuscito.
Di lì venne, attraverso alcune casualità, l’incontro con Arkéon: arrivai nel 2001 pieno di una gran diffidenza, che si sciolse non appena sentii le persone parlare. Non ho scelto Arkéon per Vito, per l’aria un po’ new age che allora ancora c’era, ma perché sentivo le persone capaci di entrare nel proprio dolore o nella propria gioia ed era quello che desideravo anche per me: riuscire finalmente non a parlare di me ma ad ascoltare cosa c’era dentro di me, condividendolo. Solo col tempo ho scoperto Vito, il suo ascolto, il suo spessore umano, tanto più grande per chi ha visto anche i suoi limiti e le sue debolezze.
Per molto tempo usai male l’esperienza di Arkéon: la usai per credere di avere un potere sugli altri, la capacità di capire ciò che loro non capivano, in sostanza la usai per giudicare. E ovviamente i primi che giudicai furono mio padre e mia madre. Questo non era parte del lavoro, anche se è quello che ho visto fare a molti, perché è la via più semplice: cambiare tutto perché nulla cambi, vedere gli sbagli altrui per accusarli e non per comprendere i propri, modalità da sedicenni che tante persone si portano addosso tutta la vita.
Sentivo Vito mettere in guardia da questo errore, distinguere ripetutamente e con forza tra peccato e peccatore, tra la “madre” che è una persona e “la parte perversa della madre” che è una modalità o tra il "padre" e "la parte piccola del padre"…vedevo la differenza di chi aveva fatto propria questa comprensione...ma tant’è. Ci volle tempo perché trovassi quel briciolo di umiltà per parlare a mio padre solo per dirgli cosa sentivo e non per spiegargli dove lui era sbagliato. Come molti genitori, lui aveva saputo aspettare questa tardiva uscita dall’adolescenza di suo figlio.
Arkéon non mi ha cambiato la vita, ma mi ha aiutato a viverla più profondamente. Per me Arkéon non è una teoria ma un’esperienza della vita, fisica e carnale, che mi consente di dialogare con le emozioni che mi spaventano, di dolore come di gioia, per scoprire cosa di me c’è dietro. Forse per questo in tanti nei seminari di Arkéon hanno ritrovato un rapporto con Dio: perchè Arkéon lavora sull’uomo. Mi sia consentito di dire un’ultima cosa: questo non lo ha fatto Arkéon, lo hanno fatto le persone, mostrandosi ad anima nuda. Il grazie a Vito è perchè lui è stato il primo a farlo su se stesso e ha creato le condizioni perché altri potessero farlo. Chi lo ha visto solo come un maestro, così come chi dà tanto peso a “teorie e tecniche” che non esistono come tali se non nel suo bisogno che esistano, dimostra di aver guardato il dito tutto tempo e non aver mai visto la luna.

p.s. per dovere di cronaca, chiarisco che frequento Arkéon dal 2001 e sono un maestro dal 2004, sebbene non abbia mai tenuto seminari, come era scritto pubblicamente sul sito di Arkéon prima che venisse oscurato. A proposito di dito e luna...

martedì 6 novembre 2007

La mia esperienza di Arkéon (1)

Data post originario
6 novembre 2007
http://www.02blog.it/tag/arkeon

Caro Talete
colgo con gioia lo spunto della tua domanda ad Alessandro “Raccontaci delle modifiche positive che ci sono state nella tua famiglia e nella tua vita. Raccontaci di come grazie ad arkeon tu riesca a gestire la tua persona”.
Nella mia vita ho avuto la fortuna di nascere in una famiglia sana e amorevole e di non incorrere in esperienze traumatiche. Non ho quindi dovuto usare gli strumenti dati da Arkéon, come altri che ho conosciuto, per poter accedere ad una vita cosiddetta “normale”.
Non ho nemmeno riscoperto valori che avevo dimenticato (in questo senso non ho mai gradito sentir parlare di “valori di Arkéon” o “persone di Arkéon”: i valori sono valori, le persone sono persone). Questi valori già mi appartenevano.
Ciò che cercavo e ho trovato in questo lavoro è una maggiore capacità di vivere in maniera autentica. Con questo intendo confrontarmi con la diversità; imparare dal dolore e non tramutarlo in rabbia punizione o vendetta; autorizzarmi ad ascoltare ciò che davvero nel mio cuore desidero dire/fare/essere e trovare la forza di farlo, prendermi la responsabilità di farlo, rinunciando agli alibi. Pur facendo un lavoro piuttosto intellettuale, in cui tutti hanno master, phd e via dicendo, oggi non ho bisogno di far finta di capire tutto e posso liberamente esprimere il mio talento fino a dove arriva e non oltre e non meno.
Ovviamente tutto questo non so farlo sempre…ma riesco a farlo più di prima. Per esempio quando sento salire la rabbia o la voglia di dare una risposta sarcastica all’ipocrisia e all’ottusità che leggo in molti post di questi forum, mi ricordo di guardare l’ipocrisia e l’ottusità che porto o ho portato in me, le persone che ho ferito con cinismo nella mia vita etc etc…
In quanto ai rapporti familiari, posso dire che questi già erano buoni, ma sono diventati più autentici. Con mio padre, in particolare, ho trovato un livello di intimità e di condivisione “tra uomini” che un tempo non avevo…e anche con mia madre la relazione si è fatta più intima, perchè ho superato la paura forte che avevo di non sapermi staccare da lei. Questo è passato anche attraverso una fase di allontanamento e di durezza eccessiva da parte mia, di cui mi sono scusato…ma vedo oggi che i frutti sono stati buoni. quella rabbia e quel giudizio c’erano, e io ho potuto riconoscerli, superarli per accedere ai sentimenti che c’erano dietro solo attraversandoli.
Come vedi, non sono certo un testimonial eccellente di Arkéon. Ho ottenuto solo quello che può ottenere chiunque crescendo.
Grazie

Chiedo scusa, ho dimenticato la cosa più importante: mia moglie (…e freud ride!)
Amo infinitamente mia moglie ma so per certo quanto è stato difficile per me accedere a questo amore. E’ stato grande, e a volte ancora è forte, il dolore di sentirmi amato nonostante tutto il giudizio che ho su di me. Lei bellissima che ama me, che mi sento brutto. Lei disarmata che accoglie me armato fino ai denti di idee e giudizi. Lei che conosce e ha così fiducia nella mia forza, anche quando io mi sento inadeguato. Quanto vorrei a volte che lei frenasse, dicesse “no”…e invece se le dico “andiamo su marte” lei mi risponde “a che ora?”.ecco, so - per una serie di motivi che non vi riguardano - che senza questo lavoro non avrei saputo aprire quella porta e dirle “la verità è che ho paura di amarti”.